Nel cuore della capitale italiana, si è raggiunto un importante traguardo nel campo dell'energia rinnovabile. Il progetto SULPHURREAL, finanziato dall'Unione Europea per quasi 4 milioni di euro, ha permesso all'Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (ENEA) di sviluppare un prototipo sperimentale che utilizza lo zolfo per accumulare energia solare. Questo approccio innovativo mira a superare le limitazioni legate al trasporto e allo stoccaggio dell'idrogeno, proponendo una soluzione alternativa più sicura e conveniente. Il processo coinvolge la decomposizione dell'acido solforico tramite irradiazione solare concentrata, permettendo la produzione di anidride solforosa e ossigeno. Successivamente, il ciclo chimico viene completato con la ricombinazione degli elementi per generare nuovamente acido solforico e zolfo elementare.
Il progetto SULPHURREAL rappresenta un passo avanti significativo nella ricerca di metodi efficienti per l'accumulo di energia termica da fonti rinnovabili. L'obiettivo principale è quello di creare un sistema che possa immagazzinare l'energia solare in modo pratico e sicuro, evitando i problemi associati ad altri vettori energetici come l'idrogeno. Lo zolfo, grazie alla sua natura solida, offre vantaggi notevoli in termini di manutenzione e conservazione, anche se presenta sfide inerenti alla gestione dei prodotti della combustione. La soluzione proposta prevede l'utilizzo di reazioni chimiche controllate per convertire l'energia solare in forma di zolfo, che può essere successivamente utilizzato come fonte di energia.
I ricercatori del Laboratorio Energia e Accumulo Termico hanno ideato un processo che inizia con l'evaporazione dell'acido solforico, seguita dalla sua decomposizione in anidride solforosa e ossigeno grazie al calore fornito da un sistema di concentrazione solare. L'anidride solforosa, mantenuta lontana dall'atmosfera, reagisce poi con l'acqua per riprodurre l'acido solforico e generare zolfo elementare. Questo materiale accumula parte dell'energia solare usata durante il processo di decomposizione. Il zolfo ottenuto può essere bruciato in seguito per rilasciare l'energia immagazzinata, creando un ciclo chiuso e sostenibile.
Il prototipo sperimentale sviluppato nell'ambito del progetto SULPHURREAL costituisce solo l'inizio di un viaggio verso una tecnologia di accumulo energetico più avanzata. Gli esperti stanno ora esplorando diverse opzioni per migliorare il sistema, tra cui l'uso di un elettrolizzatore per separare lo zolfo da una soluzione di acido solforico. Questo approccio potrebbe offrire vantaggi significativi in termini di efficienza e facilità di implementazione. Lo scopo finale è quello di realizzare un impianto su scala laboratoriale che dimostri la fattibilità del metodo proposto.
Il prossimo passo cruciale sarà la costruzione di un bruciatore per contenere l'acido solforico e facilitarne la decomposizione in zolfo e ossigeno. L'adozione di un elettrolizzatore potrebbe semplificare questo processo, consentendo la separazione dello zolfo con un voltaggio inferiore a 1 volt. Questa tecnica promette non solo di migliorare l'efficienza del processo, ma anche di ridurre i costi operativi e aumentare la durata della vita utile del sistema. Con questi progressi, il progetto SULPHURREAL pone le basi per un futuro in cui l'energia solare può essere accumulata e distribuita in modo più efficace e sostenibile.
In una collaborazione internazionale tra istituti di ricerca italiani e austriaci, è stato dimostrato un metodo innovativo per la creazione di materiali avanzati. Questa tecnica combina le proprietà straordinarie del grafene con l'efficacia degli atomi metallici, aprendo nuove possibilità nei campi della catalisi, spintronica ed elettronica. Lo studio, pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica, descrive un processo semplice ma potente che può avere applicazioni significative in vari settori tecnologici.
L'innovazione consiste nel depositare controllatamente atomi metallici durante la formazione dello strato di grafene su una superficie di nichel. Questo approccio permette di incorporare gli atomi metallici nella rete di carbonio del grafene, generando un materiale con proprietà uniche. Il risultato è un materiale robusto, flessibile e versatile, ideale per molteplici applicazioni pratiche.
Il processo è stato sviluppato nei laboratori dell'Istituto Officina dei Materiali del Consiglio Nazionale delle Ricerche a Trieste. Cristina Africh, ricercatrice che ha guidato il team, ha sottolineato come questo metodo fosse all'inizio considerato irrealizzabile. Tuttavia, grazie alla perseveranza e all'innovazione, il team ha dimostrato che è possibile ottenere un materiale stabile e resistente anche in condizioni critiche. L'applicabilità del materiale è ulteriormente ampliata dal fatto che può essere staccato dal substrato mantenendo la sua struttura originale, rendendolo utilizzabile in dispositivi reali.
Questo nuovo materiale presenta numerose potenzialità, tra cui la catalisi, la spintronica e i dispositivi elettronici. La combinazione delle proprietà del grafene con quelle degli atomi metallici offre un vasto spettro di possibilità. Gli esperti hanno già dimostrato che il materiale mantiene la sua integrità anche in ambienti critici, come quelli utilizzati nelle celle a combustibile e nelle batterie.
Cristiana Di Valentin, docente di Chimica Generale e Inorganica presso l'Università di Milano-Bicocca, ha evidenziato che il metodo sperimentato per intrappolare atomi di nichel e cobalto può essere esteso ad altri metalli, ampliando ulteriormente le sue applicazioni. Jani Kotakoski dell'Università di Vienna ha aggiunto che il materiale mostra stabilità anche in condizioni elettrochimiche ostili. Giovanni Comelli dell'Università di Trieste ha concluso sottolineando come questa scoperta sia frutto di una collaborazione internazionale che ha integrato competenze diverse e complementari, dimostrando l'efficacia di un approccio semplice e potente allo stesso tempo.